SPECIALE TIFO: Serbia, Croazia o ex-Jugoslavia, Che dir si voglia...

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PADOVA SUD
view post Posted on 11/11/2009, 19:13     +1   -1




Serbia: tifo e politica tra violenze e turbofolk
Le tribù dei tifosi violenti sono in agitazione. Gli incidenti prima del gay pride. Nei Balcani i campi di calcio sono campi di guerra, tra politica, malavita e corruzione. Il ruolo degli hooligans nella dissoluzione della Jugoslavia.
Fonte: "Limes, rivista italiana di geoolitica"


"Il calcio, considerato obiettivamente, è una delle più strane costanti di comportamento umano della società moderna. Spinto da questa considerazione ho deciso di fare le mie indagini. E mi è stato subito chiaro che ogni centro di attività calcistica, ogni football club, è organizzato come una piccola tribù, completa di territorio tribale, anziani della tribù, stregoni, eroi: entrando nei loro domini mi sono sentito come un esploratore del passato intento a esaminare per la prima volta una vera cultura primitiva...”
La tribù del calcio (Desdmond Morris, 1981)

Se il calcio è in qualche modo lo specchio della società, nei Balcani c’è sicuramente qualche problema. Due episodi si sono verificati tra settembre e ottobre in Serbia e in Bosnia Erzegovina, due tifosi sono morti uccisi dai fans, due giovanissimi, il francese Brice Taton (28) e il sarajevese Vedran Pulić (24), cessano di vivere e diventano due icone, due foto in primo piano esposte nei rispettivi stadi, nei blog e forum in internet, sulle magliette, con sotto la scritta R.I.P.

Come è potuto succedere? Cosa significa? Si dice sempre che il primo atto della guerra tra Serbia e Croazia avvenne durante una partita mai giocata tra Dinamo Zagabria e Stella Rossa di Belgrado, ormai simboli di un’identità nazionale più che calcistica. Il calcio del capitano della Dinamo Zvonimir Boban, ad un poliziotto (che rappresentava il potere, quindi i serbi) in difesa dei tifosi croati, fu il primo atto eroico della guerra che seguirà. Secondo Simon Kuper nel calcio “Lo spazio resta allo stesso tempo spazio pubblico e luogo di dissenso. I simboli e le bandiere del calcio sono la maschera sotto la quale si celano talvolta identità segrete e incontrollabili”. Nei Balcani questo vale ancora di più.

Lo scorso 17 settembre si giocava a Belgrado la partita valida per la coppa Uefa Partizan – Tolosa. Un gruppo di ragazzi francesi era andato nella capitale serba per fare un po’ di vacanza. Belgrado, si sa, è famosa per la vita notturna e il divertimento. In un bar in pieno centro, il giorno della partita, vengono attaccati da un commando di tifosi del Partizan che arriva con premeditazione e ben armato, mazze di ferro e da baseball. Si accaniscono su uno dei francesi Brice Taton (28 anni) che morirà 12 giorni dopo in seguito alle ferite.

L’incidente avviene a pochi giorni dal “Belgrade pride”, la prima gay parade dopo quella disastrosa del 2001 che finì con molti feriti in seguito all’attacco di ultra-nazionalisti e hooligans e all’inerzia colpevole della polizia. Il pride avrebbe dovuto svolgersi il 20 settembre a Belgrado, ma il 19 settembre gli organizzatori ne hanno proclamato la cancellazione poiché il governo ha dichiarato che non avrebbe potuto garantire la sicurezza per il suo svolgimento nel centro cittadino. Nelle settimane erano cresciuti gli allarmi dovuti a graffiti e alle dichiarazioni che annunciavano bagni di sangue firmati da tifosi e alcuni gruppi cosiddetti “patriottici” (1). L’attacco ai francesi ha dato la spallata finale alla decisione del governo serbo che si era impegnato con gli organizzatori del pride più per entrare in Europa che per convinzione.

La morte del giovane francese il 29 settembre, seguita ad altri episodi di attacchi a cittadini stranieri nei giorni successivi a quella fissata per il gay pride suscita un’ondata di disgusto e di tristezza in Serbia, migliaia di cittadini sono scesi in piazza a protestare contro la violenza degli hooligans. Molti hanno avuto un flashback: le violenze di regime da una parte e le prime manifestazioni contro Milosević dall’altra (2).

Allo stesso tempo la risposta dello stato è stata dura, subito sono state identificate e arrestate 11 persone coinvolte nell’omicidio di Taton (tutti tra i 18 e i 22 anni e uno di 27), mentre il presunto mandate (conosciuto come trafficante di droga di alto livello) è fuggito in Olanda. L’accusa ha chiesto 40 anni di carcere ciascuno e la procura generale della Repubblica ha ordinato la chiusura di 14 gruppi registrati, 3 della Stella Rossa, 6 del Partizan e 4 del Rad.

Chi sono gli hooligans?

“In tutta la Serbia ci saranno circa 2000 ultrà – spiega Vuk Cvijić cronista del Blic che ha seguito le vicende di queste settimane per il giornale serbo – 1000 di questi hanno già avuto problemi con le autorità”. I più violenti sono quelli delle due squadre maggiori il Partizan e la Stella rossa e di una squadra minore sempre della capitale serba, il Rad conosciuto per avere una tifoseria con simpatie neonaziste.

Le ideologie però non sono così importanti “Da qualche anno ha preso piede negli stadi una nuova generazione di tifosi – racconta Cvijić – i cui capi hanno 25 anni e sono quelli più vecchi. Sono ragazzini che sono cresciuti sotto le sanzioni della Serbia di Milosević, erano abbastanza grandi per i bombardamenti e nel dopo-regime si sono trovati senza prospettive”.

L’unica idea a cui attaccarsi diventa quindi la squadra del cuore e il gruppo che si crea allo stadio da una parte, mentre dall’altra quella di fare abbastanza soldi per comprarsi belle macchine, vestiti firmati e fare la bella vita negli “splav” le discoteche sulla Sava e sul Danubio dove si suona uno dei prodotti più tipici degli anni novanta in questo paese, il “turbo-folk” (3). “I gruppi dei tifosi diventano in pratica delle bande malavitose che si occupano di spaccio e di racket”. I “Grobari” (becchini) tifosi del Partizan si occupano principalmente di vendere droga, mentre i “Delije” (eroi) si occupano dei locali, chiedono soldi oppure semplicemente si presentano in gruppo bevono, si comportano in maniera minacciosa in perfetto stile gangster, senza pagare ovviamente.

“Entrare nel clan però non è automatico – racconta Cvijić – i più giovani devono dimostrare di sapere entrare in azione all’occorrenza. C’è una sorta di prove di forza da passare prima di accedere ai privilegi del gruppo: l’attacco ai francesi era una di queste prove probabilmente sfuggita di mano”.

Non solo, i tifosi hanno un’influenza determinante nella politica della squadra, sono presenti nel consiglio di amministrazione dei club ma soprattutto utilizzano la sottile minaccia fisica costante di un gruppo di uomini che si può muovere come un commando. E avere influenza sulla politica della squadra significa avere influenza su una notevole fabbrica di soldi esentasse, poiché il livello di corruzione del calcio serbo è conclamato: dalle partite truccate alla compravendita dei giocatori con “doppio prezzo”, alla corruzione portata dai procuratori dei giocatori (4). “Nel 2004 – dice un giornalista sportivo che preferisce rimanere anonimo – il direttore tecnico della Stella Rossa Dragan Džajić, leggenda dei biancorossi, la “terza stella” del calcio serbo, si dimette ufficialmente per motivi di salute. Guarda caso pochi mesi prima i “Delije” avevano chiesto la sua testa per l’eliminazione dalla coppa Uefa”.

“Si è scritto abbastanza degli hooligans – dice Kuper in “Calcio e Potere”– ma ci sono dei tifosi più pericolosi”. Come spiega Alberto Piccinini nella introduzione al volume di Kuper, “ La tentazione dei regimi autoritari è da sempre quella di utilizzare il calcio come macchina di consenso” (5).

Anche gli hooligan in Serbia non sono mai solo corruzione e malavita, a partire dalla fine degli anni Ottanta inizio Novanta sono entrati con frequenza nelle vicende politiche della dissoluzione della Jugoslavia. L’etnologo serbo Ivan Čolovič, che da sempre studia la nascita dei nazionalismi in questa parte del mondo, nel suo “Campo da calcio campo di guerra” (Mesogea 1999) spiega come la retorica nazionalista si sviluppa e si articola nelle tifoserie e i primi scontri interetnici sono le violenze allo stadio tra squadre croate e squadre serbe.

Željio Ražnatović detto Arkan, è il capo dei Delije nei primissimi anni Novanta, a lui si darà il merito di disciplinare la tifoseria della Stella Rossa, ma sarà anche dalle file degli hooligan che prenderà i primi volontari per le sue “Tigri” un gruppo di paramilitari serbi tra i più sanguinari nella guerre di Bosnia e Kosovo (6).

Secondo Cvijić però i seguaci di Arkan erano una parte minoritaria del tifo “Le curve della Stella rossa e del Partizan erano tradizionalmente contro Milosević, Arkan ha provato a portarle con tutti i mezzi dalla parte di “Slobo”, ma ha perso la battaglia e pochi anni dopo è partito dagli stadi il primo slogan contro il presidente serbo: ‘Fai un favore alla Serbia Milosević: suicidati’ che poi è diventato quello delle manifestazioni anti-regime della seconda parte degli anni Novanta”.

E ancora nel 2008 gli hooligans saranno protagonisti dell’assalto alle ambasciate occidentali durante la manifestazione contro l’indipendenza del Kosovo, (21 febbraio 2008). Un giovane tifoso di Novi Sad muore all’interno dell’ambasciata americana clamorosamente mandata a fuoco da orde di tifosi che se non furono manovrati, certo fu lasciato loro molto spazio di manovra (7).

Per questo anche nelle recenti vicende c’è chi si domanda chi ha lasciato fare gli hooligans a ridosso del gay pride. Sicuramente nei giorni precedenti c’era stato un coordinamento con i due principali gruppi nazionalisti “movimento 1389” e “Obraz” i cui membri spesso sono anche attivi nelle curve.

Il professore della facoltà di studi sulla sicurezza Zoran Dragišić (8) in un editoriale punta il dito sulle possibili complicità di livelli più alti con gli hooligans che rischiano di essere superati da un dibattito pubblico che verta unicamente sulla violenza (9). Le domande che pone Dragišić sono: chi c’è dietro? chi li finanzia? Quale sponda politica hanno? Ma in Serbia nessuno risponde mai a queste domande.

Note

(1) I più attivi sono Obraz (che significa sia volto che orgoglio) e Movimento 1389 (anno della sconfitta dei serbi in Kosovo). Più volte si è paventata l’idea di chiudere questi gruppi, considerati il cuore della violenza politica nazionalista, ma si pensa che suscitino simpatie in molti partiti dell’arco parlamentare, dai radicali ai Dss di Kostunica. Vedi Cecilia Ferrara, “Una questione di Stato”, Osservatorio Balcani, 18 settembre.
(2) Danijela Nenadic, “Sotto assedio”, Osservatorio Balcani, 5 ottobre 2009.
(3) Volk è popolo, turbo è il sistema di iniezione di combustibile del cilindro del motore . Turbo folk è combustione del popolo. Qualsiasi stimolo di questo processo è turbo folk. Infiammare le più basse passioni dell'homo sapiens. Turbo Folk non è musica, turbo folk è l'incanto delle masse, cacofonia di tutti i gusti e tutti gli odori”. Famosa definizione di Rambo Amadeus cantante serbo.(sito Balkan Rock, “Turbo Folk, 24 luglio 2007).
(4) La Serbia dopo l’Argentina ha il numero più alto di procuratori al mondo.
(5) Simon Kuper, “Calcio e Potere”, Isbn Edizioni 2008.
(6) “Nel folklore dei tifosi in Serbia il tema dell’identità etnica, fino ad allora sporadico e proibito, compare in qualità di contenuto predominante di pari passo con la comparsa nell’ambito della comunicazione politica e della propaganda, in particolare nelle grandi manifestazioni populistiche di massa che diedero l’impronta alla vita politica della Serbia e del Montenegro nel corso del 1988 e 1989” (Colovic, op.cit. , p.43).
(7) Giuseppe Zaccaria in “A Belgrado e' complotto contro Tadic Ultra', polizia e politici: la rete di complicita' che ha messo all'angolo il Presidente serbo Il giorno dopo il rogo alle ambasciate”, La Stampa 23 febbraio 2008.
(8) Coinvolto nel piano della sicurezza per il Belgrade Pride.
(9) Zoran Dragisic “Kako protiv nasiljia?” Obijektiv, 13 ottobre 2009, p.114..
 
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PADOVA SUD
view post Posted on 13/11/2009, 17:35     +1   -1




Fonte: www.sportvintage.it

Non ci vidi più. Mi avventai su un poliziotto e gli gridai: “Vergognatevi. State massacrando i bambini.” Lui mi colpì due volte urlando: “Brutto figlio di puttana. Sei come tutti gli altri!” A quel punto ebbi una reazione d’istinto. Gli fratturai la mascella con una ginocchiata.

Zvonimir Boban


Ad appena ventun anni il giovanissimo Zvonimir Boban si era già guadagnato i galloni di capitano della Dinamo Zagabria, e in un’intervista di cinque anni dopo ricordò con queste parole le proprie gesta di quel pomeriggio del 13 maggio 1990. Per la Croazia, la sua futura patria, lui diventò un eroe, mentre il poliziotto che si sorbì in faccia l’eroica ginocchiata personificò l’oppressione dei serbi, l’etnia dominante nella federazione jugoslava ormai al capolinea. Poco importa se in realtà lo sfortunato agente della Milicija, come si chiamava allora la polizia federale jugoslava, non fosse affatto un serbo, ma un bosniaco musulmano, e che, all’esatto opposto di un oppressore, appartenesse a una delle popolazioni più bistrattate della federazione. E per la leggenda ancora meno importa che, nonostante fosse di religione islamica, porgesse cristianamente l’altra guancia, anzi l’altra mascella, non soltanto perdonando a Boban quella ginocchiata, ma anche affermando di comprenderne le ragioni.

Gli incidenti scoppiati quel giorno allo stadio Maksimir di Zagabria tra gli ultras della Dinamo, i Bad Blue Boys (il nome si ispira a Bad Boys, un mediocre film del 1983 con Sean Penn ambientato tra la galassia delle bande giovanili americane), e quelli ospiti della Stella Rossa di Belgrado, i sedicenti Delije, un termine corrispondente a Eroi, e originato da un canto serbo di epoca ottomana che recitava: “gli eroi iniziano la danza di guerra e il rumore si ode a Istanbul“, non traevano origine dalla semplice rivalità calcistica.

La prima concreta avvisaglia del furore nazionalista, che era arrivato a dilagare negli stadi di calcio jugoslavi, si era avuta poco più di un anno prima, il 19 marzo 1989 a Belgrado, quando la solita Dinamo aveva affrontato e sconfitto l’altra squadra belgradese del Partizan. In quell’occasione furono i tifosi ospiti croati a provocare i disordini, festeggiando la prestigiosa vittoria a modo loro: con tiri di petardi, fumogeni e bengala all’uscita dallo stadio. La reazione dei loro rivali serbi non si fece attendere, e si scatenò tra un fitto lancio di pietre, degenerando alla fine in una vera e propria guerriglia urbana, con tanto di scontri corpo a corpo e mezzi pubblici incendiati. Il tutto in un sottofondo di cori guerreschi dai toni più sciovinistici che patriottici.

Eppure in Jugoslavia le tifoserie ultras si erano formate in netto ritardo rispetto ai paesi dell’Europa occidentale. Fatta eccezione per un episodio isolato nel settembre 1978, quando i supporters del Partizan di Belgrado seminarono il panico sul treno che li doveva portare a Sarajevo per la partita contro la squadra locale, i primi gruppi organizzati avevano visto la luce solo nel 1982. Inizialmente erano limitati alle due squadre principali di Belgrado, la Stella Rossa ed il Partizan. Ma già alla metà degli anni ottanta il fenomeno si era esteso, per spirito di emulazione verso i più noti hooligans inglesi, a tutte le città più importanti del paese.

Anche se rispetto agli altri paesi dell’est europeo la Jugoslavia godeva di un indiscutibile grado di apertura, era pur sempre governata da un regime totalitario e sorvegliata da una polizia asfissiante, che non esitava a ricorrere al pugno di ferro per reprimere i minimi segnali di turbolenza negli stadi. Ma dal 1989, con le liberalizzazioni introdotte dal nuovo primo ministro della federazione Ante Marković, furono indette le prime elezioni libere in tutte le repubbliche, e di conseguenza anche la morsa poliziesca si allentò bruscamente. I sentimenti di identità nazionali, che dal secondo dopoguerra erano stati solo ibernati all’interno della Jugoslavia socialista, poterono esprimersi di nuovo con la loro carica dirompente. Nella Croazia, che durante la seconda guerra mondiale aveva conosciuto una breve indipendenza sotto il regime degli Ustaše (Ustascia) di Ante Pavelić, emerse la leadership dell’HDZ (Hrvatska Demokratska Zajednica), l’Unione Democratica Croata, ovvero il movimento indipendentista guidato dal futuro presidente della repubblica Franjo Tudjman.

Alle prime elezioni libere del 7 maggio 1990 proprio l’HDZ ottenne una larghissima maggioranza parlamentare, al termine di una campagna elettorale impostata su toni di feroce contrapposizione nei confronti della Repubblica Serba, di fatto la nazione accentratrice, governata a propria volta da un leader rampante ugualmente nazionalista ed estremista: Slobodan Milošević.

In questa atmosfera già surriscaldata fino al parossismo, anche il calendario del campionato jugoslavo di calcio ci mise lo zampino, e solo sei giorni dopo, il 13 maggio, fece incontrare a Zagabria il simbolo dell’orgoglio calcistico croato, la Dinamo, proprio con il suo corrispondente serbo, la Stella Rossa di Belgrado.

I giovani tifosi belgradesi, i Delije, capeggiati da un meno giovane signore di quasi quarant’anni che si chiamava Željko Ražnatović, divenuto poi tristemente noto col nome di battaglia di Arkan, arrivarono nella capitale croata in tremila.

Lo stesso Arkan, in un’intervista datata novembre 1994 al giornale di Belgrado L’unità serba, affermò di avere “previsto la guerra proprio in seguito a quella partita a Zagabria”, quasi come se si fosse trattato di un addestramento militare. E, già durante il viaggio in treno i suoi Delije, non ancora confluiti nei famigerati corpi paramilitari delle Tigri, si comportarono come un’orda incontrollabile, devastando le carrozze e terrorizzando i passeggeri. Poi, una volta scesi alla stazione di Zagabria non riuscirono a trattenersi dal fracassare la maggior parte delle vetrine dei negozi lungo il cammino verso lo stadio Maksimir.

Dentro lo stadio, anche gli ultras croati, i cosiddetti Bad Blue Boys, ci tennero a non essere da meno dei loro odiati nemici, e prepararono il terreno per la rissa intonando cori di provocazione nei loro confronti. E, a riprova che gli incidenti non furono preventivamente ideati da una parte sola, il giornalista statunitense Franklin Foer, nel suo libro How Football explains the World, ha ricordato come una grande quantità di pietre e combustibili vennero accuratamente stipati e nascosti all’interno del Maksimir dai tifosi della Dinamo Zagabria già prima della partita.

La tensione salì rapidamente. Non appena l’altoparlante dello stadio interruppe la diffusione della musica rock per cominciare a sciorinare le formazioni delle due squadre, la debole polizia presente perse completamente il controllo della situazione. I tifosi serbi scavalcarono in massa le deboli recinzioni ed invasero la gradinata superiore della loro curva, fortunatamente deserta di spettatori. In preda a una foga distruttrice divelsero tutti gli unici oggetti inanimati più deboli del cemento, accanendosi particolarmente nei confronti dei cartelloni pubblicitari e dei seggiolini di plastica, che presero a lanciare in aria come dei freesbee.

Mentre la milicija, in un anacronistico assetto antisommossa, e con un curioso elmetto a scodella in testa, restava con le mani dietro la schiena a godersi lo show, alcuni tra i più temerari ultras croati passarono al contrattacco. Ma, sopraggiunti in larga inferiorità numerica nel settore belgradese, vennero presi a calci, pugni e spintoni. I violenti scontri corpo a corpo, si svolgevano, per fortuna, ancora a mani nude. Solo un anno dopo però, molti tra i tifosi organizzati più bellicosi di queste due squadre avrebbero potuto coronare i propri sogni di guerra, arruolandosi tra le unità irregolari, e imbracciando fucili e pistole vere sui campi di battaglia della Slavonia, della Krajina e della Bosnia. E alla memoria di quelli che non sarebbero riusciti a tornare a casa, lo stato croato dedicherà alla fine della guerra un imbarazzante monumento proprio davanti allo stadio Maksimir con questa iscrizione:

Ai sostenitori della squadra che su questo terreno iniziarono la guerra contro la Serbia il 13 maggio 1990.

In questa “guerra in miniatura”, che dagli spalti si spostò sul campo di calcio, facendo rifluire di corsa negli spogliatoi i giocatori terrorizzati (tranne l’impavido Boban e pochi altri), fu forse un miracolo se non ci scappò il morto. Infatti, i supporters zagabresi, per correre in difesa dei loro compagni in difficoltà nel settore avverso, ruppero le recinzioni, e invasero in massa il campo di calcio. I più avanzati di loro giunsero alla curva opposta e riuscirono ad impossessarsi degli striscioni della tifoseria belgradese, che sventolarono come trofei di guerra tra il tripudio dello stadio.

A questo punto, anche la sonnolenta milicija fu costretta a scuotersi dal piacevole torpore di quel mite ed assolato pomeriggio di maggio, e ad entrare in azione. Di malavoglia, i poliziotti estrassero i manganelli, lanciarono i lacrimogeni, e fecero intervenire i goffi e vetusti veicoli antincendio dal muso sporgente. Ma, mentre i tremila Delije belgradesi rientravano spaventati nei ranghi del loro settore, i ben più numerosi Bad Blue Boys croati, inferociti per l’intervento, benché fiacco, della polizia federale, si diedero anima e corpo alla guerriglia.

Inevitabilmente in tanti si fecero male. E tra i settanta minuti di battaglia all’interno del Maksimir e le altre tre ore fuori in città, si contarono 59 feriti tra i tifosi e 79 tra gli agenti della Milicija, 17 tram e alcune decine di auto in sosta devastate, oltre a 132 persone arrestate.

I giornali del giorno dopo, sia croati che serbi, non enfatizzarono troppo la portata degli scontri di Zagabria, e ne attribuirono le cause a un generico teppismo da stadio. Ma solo pochi mesi dopo, il 26 settembre 1990 questa volta a Spalato, all’apertura dell’ultimo campionato di calcio della Jugoslavia unita, un’altra partita, Hajduk-Partizan Belgrado divenne la scintilla per nuovi incidenti a sfondo etnico. Quando nel corso del secondo tempo il Partizan conduceva per 2-0, i giovani ultras spalatini invasero il campo e chiesero a gran voce la costituzione di una lega calcistica croata separata da quella jugoslava. Ai croati il Partizan era ancora più inviso della Stella Rossa, essendo storicamente la squadra dell’esercito e della polizia jugoslavi. E, per un curioso incidente della storia, proprio Franjo Tudjman ricoprì la carica di presidente del Partizan nel corso degli anni ‘50, quando era ancora un generale dell’esercito jugoslavo.

In quest’ultima occasione i tifosi non si limitarono a invadere il campo a mani nude, ma facendo un passetto qualitativo in avanti, si portarono dietro anche le spranghe. E, come segnale che gli animi si stavano pericolosamente infiammando anche sul piano politico, ammainarono la bandiera jugoslava con la stella rossa al centro, che campeggiava sul pennone più alto dello stadio, per sostituirla con quella croata con lo scudo a scacchi.

Dalla guerra del 1991, oltre che sull’intera ex-Jugoslavia, una lunga notte calò anche sul suo calcio. E si dovette attendere il 18 agosto 1999 per poter rivedere assieme in campo le formazioni serbe e croate. Finalmente questa fu la volta buona, e allo stadio della Stella Rossa di Belgrado, detto anche Marakana (con la kappa per distinguerlo dall’originale), sugli animi spenti da quasi cinque anni di conflitto sanguinoso la tranquillità prevalse sulla violenza. Ma un autentico fair play era (ed è anche oggi) ancora lontano. E, raccontando la cronaca di quella partita l’inviato di Repubblica scrisse che all’intonare del proprio inno nazionale “gli undici giocatori croati tennero per due minuti tutti la mano sul cuore, e i cinquantamila spettatori serbi in tribuna il dito medio alzato.”


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PADOVA SUD
view post Posted on 17/11/2009, 00:39     +1   -1




L'associazione sportiva della "Stella Rossa" fu fondata il 4 Marzo 1945 a Belgrado. L'impulso decisivo fu dato dalla gioventu cittadina e limitrofa che sentiva fortemente il bisogno di un simbolo sportivo per parteciparvi e sostenerlo.
Con la nascita della squadra "SD Crvena zvezda" constituta una sezione di membri supporters. La sezioine pote' contare immediatamente su centinaia di tifosi biancorossi, che sia pur non organizzati seguivano sia lo loro squadra in transferta. Il nucleo era per lo piu' formato da giovani provenienti dai quartieri piu' Borghesi: Seniak, Topcidersko brdo, Dedinje, Knez Mihailova. Mai tra i primi tifosi della "Crvena zvezda" vi furo no anche moltissimi giovani figli di operai, che poi in seguito si ritrovarono anche alla guida della massa di tifosi.
Questi ragazzi erano qualcosa di particolare; portavano in se lo spirito tipico della capitale: senso di superiorita', bulli, spacconi, utopisti; una miscela che li portava gia' allora ad essere contrari al servizio militare, e refrattari all'ordinamento poitico corrente, che evidenziava subito i suoi difetti.

Verso la fine degli anni 50 si arrivo' ad una netta distinzione tra spettatori e tifosi organizzati. Questi ultimi ormai venivano allo stadio con campanelli vari, fischietti, bandiere.
Quando la Stella Rossa schiero' per prima volta in campo il grande Sekularac, fu amore a prima vista. I tifosi ebbero l'impressione di rivedersi in lui come in un grande specchio, perche' questo campione oltre alla tecnica e la classe superba e manava lo spirito battagliero e lo sviscerato attaccamento per la sua squadra. Il suo temperamento fu una calamita per numero sissimi futuri sostenitori bianco rossi.
Con la construzione e realizzazione di uno dei piu' grandi stadi del vecchio continente; battezzato "Piccolo Maracana", in onore all'imponente stadio Brasiliano, la Stella Rossa acquista un nuovo splendore. I suoi tifosi poterono finalmente ritrovarsi nel nuovo stadio e la zona nord-est fu da allora perennemente occupata da quelli piu' esaltati.

La Stella Rossa era ormai un klub prestigioso famosa una semifinale coppa UEFA che la vide protagonista con i Greci de Panathinaikos. Vittoria per 4 a 1 ottenuta in casa benche' orfana del grande Dzaic; ritorno ad Atene, sconfitta per 3 a 0, eliminazione e demoralizzazione generale per le truppe bianco rosse.
Nonostante questo e nonostante la difficolta' ad ottenere il passaporto i tifosi continuarono a seguire sempre' piu' numerosi le trasferte Europee. E le loro fila si ingrossavano sempre piu' anche grazie alla presenza di numerosi tifosi emigrati, residenti nelle citta' Europee dove era ospite la "Crvena zvezda".
All'inizio anni '80 cominciarono le prime risse di massa; gli scontri si contavano numerosi dentro e fuori gli stadi.Fu necessaria la probizione di bandiere se issate su bastoni ed altre misure di prevenzione.
Questo tuttavia non impedi molte altre risse sopratutto con i rivali di sempre della concittadina squadra del Partizan, battaglie quasi sempre vinte grazie anche al superiore numero.
Quando tutto si limitava ai cori i bianco rossi subivano: zingari, zingari e poi ribattevano: becchini, becchini, noi siamo i piu' forti, i piu' forti!

Negli anni '80 espcose il boom dei tifosi in tutto il mondo; anche alla curva nord presero corpo due distinte fazioni: gli "Ultras" ed i "Red devils".
I primi si ispirarono ai tifosi Italiani: cori lunghi i melodici, coreografie e fumogeni i secondi seguirono le usanze Serbe, vicine agli Inglesi: uso di accoolici cori offensivi, ricerca sistematica dello scontro.
I capi guida degli Ultras e dei Red devils erano diventati inconsapevolmente dei veri idoli per le nuove generazioni di tifosi. Lo spirito di emulazione porto' a sempre piu' frequenti risse, e sempre a piu' violente cariche da parte della polizia comunista ed a sempre piu' numerosi arresti di giovani dei due gruppi.
La meta degli anni '80 vide un proliferare di nuove sigle tutte di ispirazione Anglo sassone: Winners, Red white brigate, Eagles, Red star clan, Red star Army ecc... Il numero delle trasferte era aumentato per numero e distanze gli avversari anche, di conseguenza!
Famose sono rimaste le trasferte di Londra, Parigi, Atene, Berlino, Milano, Madrid e Barcellona.

Sulla fine degli anni '80 riaffiorano sulla Repubblica Federale Jugoslava i vecchi fantasmi del nazionalismo regionale. I tifosi delle squadre delle varie repubbliche sono i primi protagonisti dell'esasperazione dei sentimenti etnici; il vento che tiranei Balcani li esalta: a Belgrado i tifosi si ubriacano di estremo nazionalismo, senza sospettare cio' che piu' avanti sarebbe successo. Pero' quando in pieno conflitto quasi tutti i tifosi Croati furono costretti a vestire l'uniforme militare; i tifosi della Stella Rossa non avendo l'obligo coatto delle armi; continuarono i loro scontri locali, tenendo come avversari di sempre i concittadini del Partizan. Anzi per voler far rimarcare la loro distanza dalla situazione politica gli Ultras e company decisero in una riunione di non nominare mai, durante le partite, alcun nome che non fosse: Stella Rossa, Belgrado, o Serbia.
Questa regola, non seritta, regna ancora sugli spalti del Piccolo Maracana.
Il 7 gennaio 1989 (data del natale ortodosso) si decide dell'unione di tutti i gruppi della curva nord: la nuova formazione viene bettezzata: "Delije nord". Per l'occasione viene "lanciata" la canzone dallo stesso nome.
Rapidamente nacque, un centro informativo per tifosi, un negozio con i vari gadgets: capellini, sciarpe, posters, maglie, cassette video ecc...un fondo per le riunioni, tesserine d'iscrizione ecc...
A parte tutto i "Delije" dalla loro "unificazione" si prefissero lo scopo di diventare una moderna associazione su scala Europeacosa che avvenne dopo poco tempo.
Comunque nel'anno successivo, oltre gli scontri con i tifosi del Partizan divennero inevitabili quelli con i tifosi Croati e Bosniaci. Tutti questi scontri videro i "Delije" dominare. Famosa e grandiosa la rissa del 13-05-1990 a Zagabria che fini con la distruzione della curva sud della Dinamo tenuta dai "Bad blue boys" locali. (vedi foto Maksimir - Zagabria 13.5.90)

Cosi comincio' la nuova era Europea dei tifosi della curva nord. Essi si aggrapparono alla loro stella che rapidmente divento' come una cometa ed insieme corsero per i cieli stellati. Quelli anni soffiava una forte tramontanadal nord... Un uragano di sport chiamato Stella Rossa spazzava via tutta l'Europa senza risparmiare nessuno.

E poi via, insieme anchora alla loro amata squadra i "Delije" a Zurigo, Glasgow, Dresden, Munich ed in finale a Bari!

Dopo aver galvanizzato la propria squadra per 90 minuti vittoriosa in casa contro il Bayern; si passo' ad organizzare la trasferta di Bari per la finale della coppa dei campioni

Tutto fu mobolitato, tutto fu usato! Navi aerei auto, autobus, motorini. La parola d'ordine era: raggiungere lo stadio "S. Nicola" di Bari.
A Bari la sera della partita era impressionante lo strapotere dei tifosi bianco rossi: tutto era sotto controllo anche il Santo Nicola gli apparteneva poiche' anche patrono della citta' di Belgrado!
E questo santo e saudi le loro preghiere perche' i "Delije" alla fine, dopo un rocambolesco finale poterono alzare vittoriosi la loro coppa!
I tifosi Franchesi dell'Olimpique di Marsiglia lasciarono mestamente Bari, per la sconfitta e per i numerosi incontri ravuicinati con i "Delije" ai quali dovettero "lasciare" numeroso materiale.
Le soddisfazioni non erano finite: l'8-12-1991 la Stella Rossa sconfisse il Colo Colo cileno nella coppa intercontinentale diventando la squadra campione del mondo in assoluto

La conquista sportiva dell'Europa coincide con lo smembramento della Repubblica Federale.
Negla stagione 191-1992 l'ONU proibisce alle squadre Jugoslave di giocare sul proprio territorio.
La Stella Rossa dovette affrontare il Port down a Segedin, L'Anderlecht a Budapest, il Panatinaikos e la Sampdoria a Sofia. Nonostante la guerra le frontiere sempre piu' chiuse i tifosi bianco rossi cercarono sempre di seguire piu' possibile la loro squadra. I genovesi e i bianco verdi di Atene non scorderanno facilmente quelle occasioni...
Lo sfaldamento della nazione, l'inattivita' sportiva, e l'estendersi del conflitto armato potro' molti tifosi bianco rossi a sentire il richiamo della patria Serba, cio' che non pote' fare ufficialmente la loro nazione intimidita e soverchiata dallo strapotere internazionale, fu possibile per loro e partirono per confronti mortali sui fronti della Krajina e della Bosnia. Nessuno potra' cancellare nei quori; dei Delije. Il ricordo di quanti la' persero la vita. In quel periodo logicamente si giunse al naturale ricambio generazionale. Allo stadio arrivarono nuovi giovani. Questi nuovi Ultras non rimasero con e mani inerti durante i quattro anni di sanzioni e d i vecchi tifosi sono orgogliosi dei loro successori per i quali confernano essere addirittura migliori.
Naturalmente tra i nuovi resistono ancora i miti dei volti di quelli che erano a "Bari".

Mentre le sanzioni facevano recedere tutti i settori economici produttivi e d il tenore di vita, la curva nord continuava a avere un tifo di fuoco: dal 1992 al 1995 i "Delije" hanno dimostrato innumerevoli volte di essere: i migliori, i piu' forti, i piu' originali, i piu' organizzati, i piu' numerosi, i piu' fedeli su territorio.
Tolte le sanzioni economiche e finita la guerra migliorarono le condizioni di vita. Subito in primo piano spicco' una formazione composta da ragazzi di eta' compresa tra i 18 edi 25 anni essi ritornano ad organizzare il tifo cercando di non farsi "plagiare" dagli altri. L'originalita' dei tifosi Ultras Stella Rossa viene intensificata ed estesa anche ad altre discipline extra callistiche dove pero' sia presente una formazione della Stella Rossa.
La prima "trasferta Europea" della nuova generazione Ultras e' datata 15-10-1995 quando un autobus pieno di tifosi scatenati ha accompagnato la squadra di pallamano in Ungheria per la Coppa delle coppe.

L'anno seguente circa 200 tifosi dell'attuale Jugoslavia e alcune migiaia di altri, emigrati all'estero per lavoro, seguirono la Stella Rossa nella piccola cittadina tedesca di Kaizerslautern. I buoni rapporti tra i tifosi e l'associazione sportiva si videro anche in occasione della trasferta a Barcellona, dove a 100 dei 1500 tifosi arrivati fu pagato il bglietto fino alla capitale della Catalogna. Con queste due importanti trasferte sopracitate gli Ultras furono in grado di dimostrare che non avevano nessun problema a seguire il loro amato club anche nei luoghi piu' lontani nonostante che il loro paese attraversasseuna profonda crisieconomica. Gli scontri con le forze dell'ordine tedesche e Spagnole confermarono ancora la predisposizio ne degli "Zingari" alla rissa, ovviamente quando le circostanze erano talida non poter rifiutare la sfida. In occasione delle partite giocate in casa contro i tedeschi del Kaizerslautern e gli Spagnoli del Barcellona fu esibita una coreografia folklorisstica cosi' spettacolare da far risaltare in primo piano l'irraggiungibilita dell'organizzazione degli Ultras della Stella Rossa. In Europa non esiste nessun altro gruppo di tifosi che possa fregiarsi di averfatto quello che hanno fatto gli "Zingari": e cioe' di realizzare un enorme coreografia su tutti e quattroilati dello stadio (con ogni lato diverso dall'altro). Un notevole numero di riviste Europee per tifosi dedica tutt'oggi ampio spazio alle Delije, perche' sono consapevoli dell'importanza che rivestono sulla scena - Ultras Europea.

Neppure i quattro anni di "pausa" furono in grado di "indebolire" ie Delije. Anzi i nella stagione calcistica 1996/97 migliora notevolmente tutta l'organizzazione della curva nord: aumento della sicurezza nelle trasferte, messa in commercio di nuovi gadgets, frequenza delle coreografie e perfino l'uscita del primo numero della rivista dei tifosi bianco rossi dal nome "pune tribine ludih navijaca" (tutte le gradinate piene di tifosi matti). Col loro slogan "La Stella e' la vita, tutto il resto sono piccolezze", le Delije avanzano e ritornano sulla scena piu' forti che mai, prnti a dimostrare a tutti, quanto valgano.
A parte come attivita' di tifosi, le Delije lavorano anche sulla loro reclamizzazione. Sono state realizzate una decina di vari tipi di sciarpe, maglie, audio e video cassette e ovviamente la loro rivista sopracitata, dove le Delije portranno trovare tutto (???) che interessa sui progetti e sulla realizzazione di questi da parte del gruppo.

Le Delije trovano sostegno anche dalla redazione del giornale "Zvezdine revije", che ha offerto loro, parte degli uffici e una linea telefonica. In modo che tutti i tifosi possano sempre avere informazioni esatte.

www.oaza.rs/sport/delije
 
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3 replies since 11/11/2009, 19:13   2505 views
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