IL PISTOLOTTO QUOTIDIANO, Le opinioni sono come il buco del culo, ognuno ha il suo ma sempre merda ci esce

« Older   Newer »
  Share  
Scouser
view post Posted on 8/8/2010, 09:54     +1   -1




Le vuvuzelas della violenza

di Tony Damascelli

È tornato il calcio di casa nostra. Roba brutta, risse furibonde tra tifosi, dovunque, al nord, al centro, al sud, non importante dove, importa come. Si va già di bastoni e coltelli, l’aggressione fa parte dello spettacolo valido per tutte le stagioni. Gli ultras si coalizzano per boicottare la tessera del tifoso. Elementare, il calcio è loro e vogliono gestirlo così, tra una lama di coltello e una dose di cocaina. Il daspo sembra il nome di un detersivo, le diffide fanno ridere i delinquenti e i vigliacchi, se ne fregano di tornelli e controlli, vanno dove vogliono, si seggono dove desiderano.
Il football italiano è questo, ormai, cafone e violento, in campo, in curva, in tribuna autorità, in tribuna stampa. Non sei nessuno se non ti fai riconoscere, se non ti schieri, se non appartieni a una fazione, a una squadra, a un dirigente. Le ultime disposizioni della Lega calcio, in armonia con la Rai che ha acquistato i diritti dell’evento, vieta a chiunque di trasmettere in audio e in video commenti, opinioni, cronache dagli stadi. Se la norma venisse davvero applicata (dico davvero perché conosciamo gli uomini e le loro debolezze) verrebbe smantellata la sala giochi di questi vent’anni, il teatrino di voci e volti che hanno fatto la storia della televisione locale e non soltanto, delle radio di ogni quartiere, urla strazianti dopo un rigore non concesso, orgasmi inenarrabili dopo un gol realizzato dai beniamini, crisi respiratorie dopo una vittoria, cali psicodepressivi dopo una sconfitta, tutto rigorosamente in diretta e in video, con la telecamera piazzata a centimetri due dal naso.
Dice: così si limita finalmente la violenza. Calma, incominciamo dall’alto. Chi ha suggerito agli speaker dello stadio, soprattutto di alcuni stadi, di annunciare i nomi e i cognomi delle formazioni come nemmeno nei comizi dei tiranni si usa fare e dire? Chi ha creato questi pagliacci con il megafono che per pronunciare le generalità di un calciatore o di un allenatore debbono assumere qualche sostanza particolare? I dirigenti non sono forse complici gaudenti di questo fenomeno volgare e paesano?
Il circo, non il circolo, è vizioso, difficile uscirne. I tifosi pensano di essere legittimati dai giornalisti urlanti e caricature di se stesse, i giornalisti così fanno perché altrimenti, con la semplice scrittura e grammatica da piola, non verrebbero riconosciuti. È un bell’andazzo e così si è arrivati alla polizia costretta a sparare in aria per tenere a bada il gruppo di delinquenti, come è accaduto a Pisa. Detto per inciso, ma fino a un certo punto, per costoro e per tutti gli altri protagonisti di misfatti che coinvolgono il calcio, boccio il carcere e promuovo i servizi sociali, la pulizia dello stadio insudiciato, quello delle latrine degli stessi impianti, il rifacimento di seggiolini, poltrone, maniglie, porte divelte durante i simpatici moti, il rifacimento, in carrozzeria, di auto, ambulanze, pullman danneggiati o dati alle fiamme. Ovviamente tutto a costo zero, come si usa ormai dire, perché se c’è una cosa poco gradita a questa orda è proprio il lavoro, quello duro, va da sé, senza salario.
Così come i giornalisti urlanti e straziati dovrebbero avere una patente a punti: ogni strillo, ogni volgarità, ogni denuncia non provata scatta la multa, per gli errori di italiano, con la morte del congiuntivo e parenti vari, non c’è più speranza. Ovviamente sto vaneggiando, è tutta colpa del caldo estivo. Non accadrà nulla di tutto questo, gli arbitri hanno detto che proteggeranno il gioco come non mai, i giornalisti ribadiscono che si atterranno alle regole, i tifosi saranno rispettosi dell’avversario, i calciatori onoreranno il fair play. Non è bello tutto ciò? Peccato che non corrisponda al vero; mazze, bastoni, coltelli fanno parte del bagaglio professionale del nostro meraviglioso pubblico, gli sputi, le gomitate e gli insulti sono di pertinenza di calciatori e giornalisti. Sono le nostre vuvuzelas. Si ricomincia sul serio, restate con loro.


Tratto dall'Opinione di Tony Damascelli, stimato pennivendolo che scrive sulla fanzine di Berlusconi.

Per non rattristarci troppo con il delirio di questo beota pubblico anche l'editoriale di risposta tratto da Liberal.

Tifo, tessera e vuvuzelas della discordia

di M. Martucci

Su Il Giornale di ieri l’ennesima riprova. Si gira sul problema per evitarlo. Ma io lo dico lo stesso: il calcio è in crisi d'identità, altro che “vuvuzelas della violenza”. Crisi del sistema e delle implicazioni sociali.
Il calcio è cresciuto cavalcando sentimenti popolari, il piacere della maglia sudata, la ...bandiera sventolata in modo semplice e spontaneo. Oggi è vittima di uno scontro antropologico: calcio contro neo-calcio,
cuore contro prodotto di consumo. Bisogna saper leggere tra i malumori per la Tessera del Tifoso, che non riguardano solo gli ultras (caro Damascelli) ma anche centri coordinamenti club e spettatori non organizzati: il giocattolo sta perdendo aderenza col popolo. Il calcio ha smarrito ritmo, religiosità civile e riti magici tramandati da generazioni. Il neo-calcio ha acquistato carte prepagate e flussi economici d’alta finanza. Il calendario della Serie A esce in Borsa, gli abbonamenti in banca e la black list passa in Questura. Disorientamento ed eccesso di burocratizzazione tolgono sogni e immaginazione. Ha vinto l’Uomo Massa. Ha perso l’Uomo Primordiale. Il neo-calcio ha una ricetta nuova in doppio petto, politically correct: fare a meno dei tifosi, puntando sui neo-tifosi, stile Vuvuzela sudafricana in si bemolle. Suono mono corda, una sola nota a coprire tutto, cori di incitamento e di dissenso. In un sistema di controllo blindato si affondano colpi di bisturi, come un chirurgo interviene in sala operatoria: stavolta però la plastica facciale è per la coscienza dell'Io, individuo pensante old style. Intubato l'Homo Sapiens muterà sembianze: rimodellato con punture di botulino sarà Homo Virtualis, nuovo di zecca, sintesi della tirannia dei numeri che Alexis De Tocqueville diceva illiberale già agli albori della democrazia statunitense. Schiacciamento molecolare delle masse sulle libertà individuali. Stadi svuotati, rigenerati da neo-tifosi, virtuosi marketing oriented. Ecco lo scenario: organizzati e dissidenti soppiantati.
Portafogli a doppio fondo contro coronarie da cuore impavido. Banconota contro senso d’appartenenza. Prima di arrivare in cassa, si prezzano sacrifici e altruismo,abbassando toni (selvatici), alzando il Modello 730 (nei ristoranti Ciao e nei bar-snack Autogrill c'è pure il menù del tifoso con sconto del 10%. Ma ci pensate: nessuno si incontrerà più per
menar vilmente le mani in autostrada. E' bastata una fidelity card!) Fahrenheit 451, Atto di Forza, Il taglia erbe: ieri film fantascienza, oggi la spalmatura dal venerdì al lunedì, passando per l’antipasto domenicale alle 12:30 e l’anticipo cool al sabato all’ora di cena, lume di candela. Tutto rigorosamente in pay per view, all access. Siguarda al modello inglese, ma siamo italiani. Oltremanica giocano a pranzo perché usano un frugale branch prima del thè. Da noi tagliatelle e
fettuccine salteranno con suoceri e nonni che andranno a farsi benedire insieme alla messa (contemporanea al fischio d'inizio!) S’è portato all’esaurimento il pathos che ha reso dilagante la palla presa a calci. Biglietti nominali, tornelli e sguardo vivisezionante di telecamere a circuito chiuso come tra i metal-detector in aeroporto, passaporto in mano. Lì si scongiurano psicosi terroristiche e viliattacchi stile 11 Settembre. Qui (dicono) si faccia per le famiglie sugli spalti (giusto!), alzando soglie d’acquisto (sbagliato!), escludendo indesiderati reazionari come al confino (regime?) Faccia riflettere la pochezza dei nuovi abbonati, prima che sia troppo tardi: qualche stagione fa 150-200.000 spettatori si contavano solo tra Olimpico e San Paolo (con pezzetto di San Siro). Oggi sono la somma stimata di tutte le Tessere del Tifoso vendute in Serie A. Curve e tribune rispondono a modo loro: spontaneismo dal basso contro la chiusura di spazi vitali. Cose da Braveheart, L'ultimo dei Mohicani e Balla coi lupi, altro che Fight Club come si insinua. Certo: chi sbaglia paga. Ma sbaglia ed è un teppista pure chi usa cuore e cervello per proteggere valori e coscienza critica da tifoso?
 
Top
PADOVA SUD
view post Posted on 8/8/2010, 12:48     +1   -1




Per chi non avesse presente Tony Damascelli, figura storica del Processo di Biscardi (quale profondo salotto di nobiluomini appassionati dell'arte pedatoria!), ecco la sua foto:

image

Scrive spazzatura dite? Ma si, ma non è l'unico, ne abbiamo tanto di personaggi che riempiono le pagine dei giornali di spazzatura per asservire il loro padrone, pensate solo ad Enrico Ferro del Mattino...
Il problema è la gente che gli crede, che gli da retta, che lo appoggia... Gli italiani sono un popolo stupido, e credono a questi personaggi purtroppo...
Ad ogni modo mi sembra chiaro che con la Tessera si sia arrivati ad un punto di non ritorno: o si decreta la fine del mondo ultras, o si decreta il fallimento di vent'anni di strategia repressiva italiana. E mi pare che per il governo non sia partita bene. Sarà utile che i personaggi alla Damascelli comincino a crearsi un nuovo personaggio in vista del loro fosco futuro...
 
Top
AntoPD
view post Posted on 8/8/2010, 13:10     +1   -1




Quel Damascelli fa proprio ridere :D
 
Top
ILOVECALCIOPADOVA
view post Posted on 8/8/2010, 18:36     +1   -1




A me fa piangere.. un articolo del genere qualifica da solo il lettore medio di quella roba la..
 
Top
Scouser
view post Posted on 23/8/2010, 18:33     +1   -1




Articolo a firma dell'integerrimo moralizzatore Roberto Beccantini comparso su La Stampa.

Tifo violento, la tessera è solo un pretesto

La tessera del tifoso, ultima ed estrema trovata contro la violenza negli stadi, continua a essere il pretesto per nuove violenze, che vanno dalle botte ai saccheggi ai buuu razzisti. Il tifoso è diventato un mestiere, una professione, quasi un «azionista» di minoranza con potere di riscatto (dalle proprie frustrazioni) e di ricatto (nei confronti della propria «azienda»). Le risse e gli agguati, sia chiaro, non sono esclusiva italiana, ma da noi affiancano addirittura il calendario estivo dei club: le squadre si menano in campo, i neo-barbari fuori. Morale: calano gli abbonamenti e le tessere, che da sabato dovranno scandire e regolare le migrazioni, sono ferme a quota 200 mila (fonte «la Repubblica»). Se siamo arrivati a un punto così delicato e burrascoso, si deve al fatto che, in questi anni, abbiamo parlato più degli stadi che dei loro abitanti.

Intendiamoci: «parlato» alla nostra maniera, certificandone le carenze architettoniche e giustificando gli eccessi degli inquilini con i difetti delle tane. Tempo un paio di stagioni, e la Juventus avrà il suo impianto: dubito che, all’improvviso, certa feccia scompaia come per magia.

Il primo a teorizzare stadi senza tifosi ospiti fu, casualmente, Silvio Berlusconi. La televisione ha contribuito a svuotare le arene e a riempire gli istinti. Difficile immaginare il calendario spezzatino quali benefici porterà, se mai ne porterà, al ripristino della legalità nelle curve. Il guaio è che, spesso, i primi ultrà sono i genitori; e i secondi, i dirigenti. Quando si cita la tessera del tifoso, il ministro Maroni rifiuta il concetto di «schedatura». All’Uefa non piace, all’estero il tifoso viene considerato tale, e basta: se commette reati, finisce in galera (e non a gestire le bancarelle della società); viceversa, se squaderna la passione in modo positivo, può aspirare a cariche di rappresentanza (Inghilterra). Da noi, si preferisce navigare a vista, in quella zona grigia e ambigua che è l’emergenza continua. Genoa-Milan del 9 maggio scorso venne giocata a porte chiuse perché, a quindici anni dall’omicidio Spagnolo - un tifoso rossoblù accoltellato da un ultrà rossonero - le forze dell’ordine temevano feroci ritorsioni. Ripeto: quindici anni dopo. Limitare la libertà individuale può essere un prezzo da pagare in condizioni particolari, e per un periodo determinato; non, però, al di là di ogni ragionevole rimedio e durata. Ecco, credo che un Paese normale non possa e non debba vivere sempre e comunque sotto la cappa di minacce incombenti, per debellare le quali basterebbe applicare, e non interpretare, la legge.

Non è un problema strutturale, la violenza nel calcio: è un problema culturale, etico. Servirebbero dirigenti capaci di guardare oltre il proprio naso. La «tessera del poliziotto» fu una battuta infelice di Daniele De Rossi. Il giocatore della Roma avrebbe dovuto dire «del politico, del dirigente, del giornalista».

www.lastampa.it
 
Top
Scouser
view post Posted on 9/9/2010, 13:27     +1   -1




Editoriale comparso oggi su La stampa. Caratteristica degli editoriali dovrebbe essere quella di essere redatti da delle presunte "grandi firme" del giornalismo. Invece il miserabile che ha scritto queste puttanate non ha avuto nemmeno la decenza di firmarsi. Senz'altro sarà una persona della massima obiettività a differenza di quel bolscevico di massimo fini.

Un Paese prigioniero delle curve da stadio

Nell’Italia degli ultrà, delle minoranze che sequestrano i diritti delle maggioranze, il confronto delle idee sta diventando impossibile. S’avanza una strana idea di libertà e di democrazia: non più il diritto di dissentire, criticare, contestare, sacrosanto in un sistema sano e ben funzionante, ma il diritto di impedire al tuo avversario di parlare.

Non importa se c’è una sala piena di persone che vorrebbero ascoltare, cercare di capire, formarsi un’idea, magari anche fischiare, non importa perché la logica delle curve dello stadio si sta impossessando del Paese. Così si ragiona nei termini dell’invasione di campo, del lancio del fumogeno contro il portiere avversario, si cerca di interrompere la partita e si festeggia la squalifica del campo. Non si tratta più di giocare e cercare di vincere, l’importante è fermare tutto.

Si dirà che questo accade perché troppi si sentono esclusi dalla partita e spinti ai margini, perché sulle gradinate del benessere e delle sicurezze sociali c’è sempre meno posto, che la politica vive e gioca a porte chiuse e non lascia nessuno spazio a chi è fuori. C’è del vero, ma oggi faremmo bene a vedere che è suonato un campanello d’allarme. Chi ha colpito Raffaele Bonanni ha tirato ciò che aveva in mano e si era portato da casa, questa volta era un fumogeno ma niente vieta di immaginare per il futuro una pietra o altro. Non lo si voleva tacitare ma metterlo in fuga e spaventarlo.

E’ giunto il tempo di preoccuparsi di una convivenza possibile nella società, il primo passo parte ancora una volta dal linguaggio: sacrosanto condannare ora l’aggressione, ma ogni soggetto politico e sociale del Paese, al pari dei mezzi di comunicazione, farebbe bene a mettere da parte in fretta demonizzazioni e scomuniche. E’ tempo che si torni ad usare le parole per il significato che hanno, prima di trovarci a vivere davvero in uno stadio dove i tifosi ospiti devono arrivare scortati e il fumo dei bengala annebbia la vista.


www.lastampa.it

Magari sono io troppo stupido per cogliere la fine analogia, ma mi sorge spontanea una domanda: se l'"aggressione" a bonanni è stata ad opera di giovani dei centri sociali a che scopo tirare in ballo le curve?
 
Top
Scouser
view post Posted on 12/10/2010, 14:37     +1   -1




Per tutti coloro che amano vivere in un mondo di fate, di magia ed immaginazione ecco un delizioso articoletto confezionato da Cristiano "Sbrodolino" Gatti, comparso quest'oggi sulla fanzine del nostro caro leader.

Salite in groppa al vostro Falkor e tuffiamoci tutti insieme nel magico regno di Fantàsia

Quando funziona la tessera del tifoso
di Cristiano Gatti

Come la riforma delle pensioni, come la Salerno-Reggio Calabria, è una delle questioni nazionali che ci trasciniamo da anni in una nube di chiacchiere e di indignazioni ciclico-stagionali. Quante volte ci siamo chiesti, nelle trasmissioni più scamiciate e nelle riunioni più altolocate, cosa fare per risolvere una volta per tutte questo flagello sociale. Il massimo della fantasia ci permette di riproporre immancabilmente la stessa soluzione: il modello inglese. Guarda in Gran Bretagna: avevano gli hoolingans, li hanno debellati con la tolleranza zero, lì il calcio è un divertimento per famiglie, non hanno neppure le reti di protezione attorno al campo…
Se possibile, vorrei sommessamente avvertire il Paese: da un paio di mesi l'Inghilterra è qui, nel profondo Nord, nel cuore di Lombardia. Tutte le belle teorie che abbiamo rimasticato per decenni hanno trovato uno sbocco reale, pratico, vero. Troppe volte Bergamo ha abusato della compiaciuta immagine di città modello per i motivi più astrusi, ma stavolta lo è davvero: nella città dell'Atalanta, il calcio italiano è tornato ad essere un fenomeno edificante, divertente, rilassante.
Per farmi capire subito: tutti sanno che cosa significasse Atalanta-Torino nella storia sportiva d'Italia. Fumogeni, cubetti di porfido, sangue, arresti, macchine incendiate e vetrine sfasciate. Una classicissima del tifo becero e forcaiolo. Una gloriosa epopea di intollerabili vergogne.
Improvvisamente, l'altra sera, il miracolo: Atalanta-Torino, stadio pieno, un solo petardo fischiatissimo dai ventimila sulle tribune. Sembra fantascienza, non sembra più Italia. Invece è la semplice e sublime rappresentazione del calcio possibile. Oltre le chiacchiere, prima della fine.
Di chi questa eclatante vittoria? Tanto per cominciare, della vituperata e stramaledetta - dagli ultrà - tessera del tifoso. Le frange estremiste del tifo l'hanno rifiutata, rifiutando così anche l'abbonamento. Al loro posto, però, nessun vuoto. Al loro posto, tifosi normali. Con l'Atalanta appena retrocessa, risultato che altrove significherebbe smantellamenti e desolazione, Bergamo ha realizzato il record di abbonati in serie B: 16.200. Secondo risultato della sua storia (il primo riguarda però un campionato di serie A). E parlando di questo specifico prodigio (stadio esaurito nella nazione degli stadi con i tifosi dipinti, vedi Trieste) non si può tacere il nome del mago: Antonio Percassi, vecchio stopperone nerazzurro, oggi presidente. In attesa di costruirsi il suo stadio nuovo, Percassi ha già dimostrato come si riempie uno stadio vecchio di un secolo, alla faccia di chi sostiene che la crisi del calcio si risolverà soltanto con i moderni impianti. Casualmente, questo presidente anomalo e atipico ha lavorato su un'altra leva, talmente semplice da apparire geniale: i prezzi. Dovendo scegliere tra scarso incasso con stadio vuoto e scarso incasso con stadio pieno, ha scelto la seconda strada. Un investimento sul futuro. I ragazzi abbonati fino a 17 anni vanno alla partita pagando una media sotto l'euro. Le donne uguale. I bambini non ne parliamo. Condita con tanta passione e tanta voglia di riscossa, la proposta ha fatto centro nel cuore della gente comune, nelle famose famiglie e tra i famosi ragazzini, cioè tra l'ambitissima clientela che tutti i presidenti, un giorno sì e un giorno sì, dicono in lacrime di voler riportare sulle gradinate. E la concorrenza della televisione? Ovviamente c'è anche a Bergamo, perché nonostante sia provincia non è comunque ai confini dell'impero: ma in questo caso la concorrenza è vinta, perché andare di persona allo stadio costa mediamente meno che abbonarsi al canale tv.
L'Inghilterra è qui, l'Inghilterra è questa: Atalanta-Torino, classicissima per tagliagole, "esaurita in ogni ordine di posto", con cori e applausi, un solo petardo a rompere l'anima, ventimila al settimo cielo perché Tiribocchi ci mette pure la ciliegina firmando la vittoria al 92'. Il calcio pacifico, sereno, divertente è ripristinato. Qui, adesso, subito. Non servono tanti convegni per trovare la soluzione: basta la volontà. La tessera del tifoso, un buon presidente, prezzi invitanti e poco altro. Il resto lo fa la passione popolare, l'unico patrimonio che nessun tifoso tagliagole è mai riuscito a spegnere. Per dovere d'ufficio, devo precisare che Bergamo è la mia città. Ma questo non c'entra nulla. Non ne faccio una questione di campanilismo idiota. Se tutto questo avvenisse a Roma o a Siracusa, sarei ugualmente in piedi ad applaudire l'incredibile ritorno del calcio possibile.


www.ilgiornale.it

Per un'altra versione della partita di Begamo date un occhiata all'articolo che avevo già postato ieri QUI. Caro Gatti, o ti trovavi altrove o sarà il caso che tu ci dia un taglio con il peyote.
 
Top
6 replies since 8/8/2010, 09:54   258 views
  Share