| Le vuvuzelas della violenza
di Tony Damascelli
È tornato il calcio di casa nostra. Roba brutta, risse furibonde tra tifosi, dovunque, al nord, al centro, al sud, non importante dove, importa come. Si va già di bastoni e coltelli, l’aggressione fa parte dello spettacolo valido per tutte le stagioni. Gli ultras si coalizzano per boicottare la tessera del tifoso. Elementare, il calcio è loro e vogliono gestirlo così, tra una lama di coltello e una dose di cocaina. Il daspo sembra il nome di un detersivo, le diffide fanno ridere i delinquenti e i vigliacchi, se ne fregano di tornelli e controlli, vanno dove vogliono, si seggono dove desiderano. Il football italiano è questo, ormai, cafone e violento, in campo, in curva, in tribuna autorità, in tribuna stampa. Non sei nessuno se non ti fai riconoscere, se non ti schieri, se non appartieni a una fazione, a una squadra, a un dirigente. Le ultime disposizioni della Lega calcio, in armonia con la Rai che ha acquistato i diritti dell’evento, vieta a chiunque di trasmettere in audio e in video commenti, opinioni, cronache dagli stadi. Se la norma venisse davvero applicata (dico davvero perché conosciamo gli uomini e le loro debolezze) verrebbe smantellata la sala giochi di questi vent’anni, il teatrino di voci e volti che hanno fatto la storia della televisione locale e non soltanto, delle radio di ogni quartiere, urla strazianti dopo un rigore non concesso, orgasmi inenarrabili dopo un gol realizzato dai beniamini, crisi respiratorie dopo una vittoria, cali psicodepressivi dopo una sconfitta, tutto rigorosamente in diretta e in video, con la telecamera piazzata a centimetri due dal naso. Dice: così si limita finalmente la violenza. Calma, incominciamo dall’alto. Chi ha suggerito agli speaker dello stadio, soprattutto di alcuni stadi, di annunciare i nomi e i cognomi delle formazioni come nemmeno nei comizi dei tiranni si usa fare e dire? Chi ha creato questi pagliacci con il megafono che per pronunciare le generalità di un calciatore o di un allenatore debbono assumere qualche sostanza particolare? I dirigenti non sono forse complici gaudenti di questo fenomeno volgare e paesano? Il circo, non il circolo, è vizioso, difficile uscirne. I tifosi pensano di essere legittimati dai giornalisti urlanti e caricature di se stesse, i giornalisti così fanno perché altrimenti, con la semplice scrittura e grammatica da piola, non verrebbero riconosciuti. È un bell’andazzo e così si è arrivati alla polizia costretta a sparare in aria per tenere a bada il gruppo di delinquenti, come è accaduto a Pisa. Detto per inciso, ma fino a un certo punto, per costoro e per tutti gli altri protagonisti di misfatti che coinvolgono il calcio, boccio il carcere e promuovo i servizi sociali, la pulizia dello stadio insudiciato, quello delle latrine degli stessi impianti, il rifacimento di seggiolini, poltrone, maniglie, porte divelte durante i simpatici moti, il rifacimento, in carrozzeria, di auto, ambulanze, pullman danneggiati o dati alle fiamme. Ovviamente tutto a costo zero, come si usa ormai dire, perché se c’è una cosa poco gradita a questa orda è proprio il lavoro, quello duro, va da sé, senza salario. Così come i giornalisti urlanti e straziati dovrebbero avere una patente a punti: ogni strillo, ogni volgarità, ogni denuncia non provata scatta la multa, per gli errori di italiano, con la morte del congiuntivo e parenti vari, non c’è più speranza. Ovviamente sto vaneggiando, è tutta colpa del caldo estivo. Non accadrà nulla di tutto questo, gli arbitri hanno detto che proteggeranno il gioco come non mai, i giornalisti ribadiscono che si atterranno alle regole, i tifosi saranno rispettosi dell’avversario, i calciatori onoreranno il fair play. Non è bello tutto ciò? Peccato che non corrisponda al vero; mazze, bastoni, coltelli fanno parte del bagaglio professionale del nostro meraviglioso pubblico, gli sputi, le gomitate e gli insulti sono di pertinenza di calciatori e giornalisti. Sono le nostre vuvuzelas. Si ricomincia sul serio, restate con loro.
Tratto dall'Opinione di Tony Damascelli, stimato pennivendolo che scrive sulla fanzine di Berlusconi.
Per non rattristarci troppo con il delirio di questo beota pubblico anche l'editoriale di risposta tratto da Liberal.
Tifo, tessera e vuvuzelas della discordia
di M. Martucci
Su Il Giornale di ieri l’ennesima riprova. Si gira sul problema per evitarlo. Ma io lo dico lo stesso: il calcio è in crisi d'identità, altro che “vuvuzelas della violenza”. Crisi del sistema e delle implicazioni sociali. Il calcio è cresciuto cavalcando sentimenti popolari, il piacere della maglia sudata, la ...bandiera sventolata in modo semplice e spontaneo. Oggi è vittima di uno scontro antropologico: calcio contro neo-calcio, cuore contro prodotto di consumo. Bisogna saper leggere tra i malumori per la Tessera del Tifoso, che non riguardano solo gli ultras (caro Damascelli) ma anche centri coordinamenti club e spettatori non organizzati: il giocattolo sta perdendo aderenza col popolo. Il calcio ha smarrito ritmo, religiosità civile e riti magici tramandati da generazioni. Il neo-calcio ha acquistato carte prepagate e flussi economici d’alta finanza. Il calendario della Serie A esce in Borsa, gli abbonamenti in banca e la black list passa in Questura. Disorientamento ed eccesso di burocratizzazione tolgono sogni e immaginazione. Ha vinto l’Uomo Massa. Ha perso l’Uomo Primordiale. Il neo-calcio ha una ricetta nuova in doppio petto, politically correct: fare a meno dei tifosi, puntando sui neo-tifosi, stile Vuvuzela sudafricana in si bemolle. Suono mono corda, una sola nota a coprire tutto, cori di incitamento e di dissenso. In un sistema di controllo blindato si affondano colpi di bisturi, come un chirurgo interviene in sala operatoria: stavolta però la plastica facciale è per la coscienza dell'Io, individuo pensante old style. Intubato l'Homo Sapiens muterà sembianze: rimodellato con punture di botulino sarà Homo Virtualis, nuovo di zecca, sintesi della tirannia dei numeri che Alexis De Tocqueville diceva illiberale già agli albori della democrazia statunitense. Schiacciamento molecolare delle masse sulle libertà individuali. Stadi svuotati, rigenerati da neo-tifosi, virtuosi marketing oriented. Ecco lo scenario: organizzati e dissidenti soppiantati. Portafogli a doppio fondo contro coronarie da cuore impavido. Banconota contro senso d’appartenenza. Prima di arrivare in cassa, si prezzano sacrifici e altruismo,abbassando toni (selvatici), alzando il Modello 730 (nei ristoranti Ciao e nei bar-snack Autogrill c'è pure il menù del tifoso con sconto del 10%. Ma ci pensate: nessuno si incontrerà più per menar vilmente le mani in autostrada. E' bastata una fidelity card!) Fahrenheit 451, Atto di Forza, Il taglia erbe: ieri film fantascienza, oggi la spalmatura dal venerdì al lunedì, passando per l’antipasto domenicale alle 12:30 e l’anticipo cool al sabato all’ora di cena, lume di candela. Tutto rigorosamente in pay per view, all access. Siguarda al modello inglese, ma siamo italiani. Oltremanica giocano a pranzo perché usano un frugale branch prima del thè. Da noi tagliatelle e fettuccine salteranno con suoceri e nonni che andranno a farsi benedire insieme alla messa (contemporanea al fischio d'inizio!) S’è portato all’esaurimento il pathos che ha reso dilagante la palla presa a calci. Biglietti nominali, tornelli e sguardo vivisezionante di telecamere a circuito chiuso come tra i metal-detector in aeroporto, passaporto in mano. Lì si scongiurano psicosi terroristiche e viliattacchi stile 11 Settembre. Qui (dicono) si faccia per le famiglie sugli spalti (giusto!), alzando soglie d’acquisto (sbagliato!), escludendo indesiderati reazionari come al confino (regime?) Faccia riflettere la pochezza dei nuovi abbonati, prima che sia troppo tardi: qualche stagione fa 150-200.000 spettatori si contavano solo tra Olimpico e San Paolo (con pezzetto di San Siro). Oggi sono la somma stimata di tutte le Tessere del Tifoso vendute in Serie A. Curve e tribune rispondono a modo loro: spontaneismo dal basso contro la chiusura di spazi vitali. Cose da Braveheart, L'ultimo dei Mohicani e Balla coi lupi, altro che Fight Club come si insinua. Certo: chi sbaglia paga. Ma sbaglia ed è un teppista pure chi usa cuore e cervello per proteggere valori e coscienza critica da tifoso?
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