| Riporto testualmente l'articolo linkato da DintorniDiPadova
Come ogni maledetta domenica qualcuno avrà fatto buu a Mario Balotelli, giocatore dell’Inter di colore tendenzialmente scuro, nato a Palermo da una coppia di ghanesi e affidato a una famiglia della provincia di Brescia. Come ogni maledetta domenica il presunto razzismo degli ultrà sarà stato censurato, stigmatizzato, trifolato e dato in pasto agli spettatori canonizzati e assetati di politicamente corretto. Ma siccome Mario è un ggiovane ce ne occupiamo noi. Scrivo questo articolo il 24 Novembre ma so già quello che sarà successo domenica prossima. Qualcuno avrà fatto buu e qualcun altro avrà fatto buu a chi ha fatto buu. Lo so perché è giù successo e succederà ancora. Se metti centomila persone in uno stadio, per la legge dei grandi numeri, qualcuno farà buu a qualcun altro. Allo stesso modo se metti sei milioni di persone in una città, per lo stesso motivo, ci saranno stupri, furti e rapine. Ci piaccia o no, non lo dico io, lo dice Bernoulli. Per questo futile motivo algebrico si vorrebbe che ad ogni buu, definito insulto razzista, si sospendessero le partite, si squalificassero i campi, si assegnassero partite perse a tavolino.
TIFO MARXISTA! - La definiscono responsabilità oggettiva. Se un tifoso della Juventus fa buu, un po’ è colpa anche di Cobolli Gigli che non lo ha impedito impiantando a tutti i tifosi un dispositivo sottocutaneo di controllo a distanza. E Cobolli Gigli si scusa. Lasciatemi dire un paio di cose. In primo luogo non ho una gran simpatia per il tifo organizzato. Quando leggo di migliaia di persone che scendono in piazza per manifestare contro la tessera del tifoso provo una fitta al mio vecchio cuore cripto-marxista. Cosa potremmo fare con tutte queste virili e maschie energie se invece di protestare contro la tessera del tifoso (sic) smantellassimo la fabbrica del porco padrone dalle fondamenta? Perché questa gente si organizza solo quando ha qualcosa da dire a Rosella Sensi mentre fa pippa quando viene sfruttata, cassaintegrata, sottooccupata? Cazzo glie ne frega a un sottoproletario di Cisterna di Latina della sorti di Pandev e di Ledesma? Non ci vuole un sociologo per capire che il tifo è una pseudo-ideologia con venature (arterie) di misticismo religioso. Invece di far incazzare la gente per i giusti motivi (un cialtrone al governo, il 47% delle nostre tasse che va al Vaticano, il Parlamento più caro del mondo, e così via, ad libitum) lasciamo che si incazzino perché l‘AS Roma ha venduto Alberto Aquilani al Liverpool. Marx aveva previsto tutto, ma non poteva prevedere questo. Il capitalismo si regge sul tifo organizzato. In secondo luogo, ma questo è quasi pleonastico, non sono razzista. Non sono razzista perché non sono deficiente e ho un quoziente intellettivo quanto meno nella media. Essere razzista implica credere che “tutti coloro che condividono la proprietà x sono y” dove x può stare per “essere negro” e y per “avere il ritmo nel sangue”. Credo che la distribuzione di qualsiasi proprietà tra la gente di colore sia più o meno analoga alla distribuzione della medesima proprietà tra la gente scolorita. Ci sono neri idioti, intelligenti, simpatici, stronzi, vigliacchi e fieri, saggi, falsi, sinceri, coglioni.
GENI E COGLIONERIA – Anche se le distribuzioni fossero diverse, in un senso o nell’altro, dovremmo comunque tener conto dello specifico individuo che abbiamo davanti per poterci formare su di lui un giudizio ponderato. Se anche fosse vero che i neri puzzino (dico per dire) ci saranno sempre e comunque dei neri profumati come gladioli e dei bianchi che odorano di cloaca a cielo aperto. Una persona con un’intelligenza quanto meno nella media non giudica le persone per gruppi ma individualmente. Se Balotelli è un coglione, è un coglione in quanto Balotelli, non in quanto nero. Come scriveva qualcuno il razzismo non esisterà più quando potremo dare tranquillamente dello stronzo a un nero. E qui veniamo al terzo punto. Il grado di politicamente corretto in una società è inversamente proporzionale al grado di reale accettazione della diversità. Il motivo per cui negli Stati Uniti sono così attenti a non dire nigger o tanned è che quella statunitense è una società razzista fino al midollo. Non ha importanza se si è o meno profondamente razzisti, l’importante è che non si dica la parolaccia. Un’etica ritagliata sulle capacità intellettive di un bambino di quattro anni. Mi reputo una persona profondamente femminista e per questo non ho problemi a fare battute che potrebbero essere considerate misogine. Le persone che hanno problemi a scherzare di queste cose hanno, spesso e volentieri, una coda di paglia lunga due chilometri. Il loro sessismo preconscio è coperto da una strato superficiale di vernice antisessista, che è sempre in procinto di scrostarsi. Una persona non va giudicata dai singoli atti che compie ma dal suo carattere, che si palesa dall’insieme delle sue azioni. Il rischio altrimenti è di vedere l’albero ma non la foresta. Alemanno ora può dire quello che vuole ma ha una croce celtica al collo e un passato da picchiatore.
RETORICA - Torniamo quindi a Balotelli. Quanto mi danno fastidio i buuu a Balotelli? Molto poco. E per una valanga di buone ragioni. Quanto mi da fastidio la trita retorica sui buu a Balotelli? (fermiamo il campionato, ritiriamo le truppe dall’Afghanistan, cospargiamoci di benzina e diamoci fuoco). Mi dà fastidio un bel po’. Perché la retorica è una merce che costa poco. Enrico Varriale prende le distanze dal razzismo ogni cinque minuti come se volesse rassicurare se stesso e i telespettatori. D’altronde anche l’italiano medio più mediocre ha capito che non tira l’aria giusta per dare del negro a un nero. Annuendo con vigore alla posticcia retorica antirazzista fino a slogarsi il collo sta solo cercando di rassicurare se stesso. Come in un ipnotico mantra. Non importa se quando arriva il lavavetri a momenti lo metto sotto, se penso che gli italiani in quanto italiani abbiano più diritti degli albanesi, se a parità di condizioni preferisco che mia figlia sposi un ariano che un bongo bongo. Sta di fatto che non ho fatto buu e sono d’accordo con Varriale. Stigmatizzo chi ha fatto buu e vado a letto un po’ meno razzista di quanto io non sia. Scrivere, come fa la Juventus in un comunicato, che si è contro ogni forma di razzismo, presuppone che si possa anche essere a favore. Essere contro il razzismo dovrebbe essere scontato come essere contro la fame nel mondo, una di quelle banalità così trite che non varebbe la pena di esplicitare. Se non fosse che trite non sono affatto.
MA - Ha ragione quindi Ferrara, che in un’intervista a Domenica Sprint di domenica 22 Novembre dice più o meno quanto segue. Va bene, basta con i cori razzisti, ma allora anche basta con i cori contro i napoletani, e che dire dei cori sulle mamme dei calciatori? Aggiungo. Cos’ha così di speciale Balotelli per non meritarsi un buu che non ha invece la mamma di Buffon per meritarsi della baldracca? Non sarà quella questione lì che dicevamo prima, quella di prendere le distanze per far vedere a noi stessi quanto siamo bravi? Una discriminazione positiva per mondarci la coscienza dalla negritudine dei nostri sensi di colpa? è molto facile prendersela con il razzismo di quattro para-lobotomici con la quinta elementare che convogliano la loro rabbia e frustrazione settimanale in un buu a Balotelli. Molto difficile sarebbe invece prendersela con il razzismo dei rappresentanti del nostro governo che fanno morire la gente in mare, che sterilizzano vagoni dei treni, che inclinano panchine per non farci dormire i barboni. Mi aspetto dai vari Varriale una precisa e inequivoca presa di posizione anche contro il razzismo dei vari Borghezio e Calderoli. Certo, c’è sempre il rischio di una bella querela per diffamazione o di vedersi mandare a dirigere il traffico a Teleroma56. Ma se l’antirazzismo è un valore in cui credono davvero sono sicuro che non esiteranno a rischiare in prima persona. Analizziamo quindi l’effetto pratico di un buu a Balotelli che si può riassumere come segue: “un moto di irritazione in un giovane multimilionario”. Balotelli avrà tempo e modo per andare in analisi ed elaborare il tutto. Certo, non fa piacere, ma a De Rossi ha fatto piacere quando i simpatici tifosi del Siena gli hanno augurato di morire come il suocero? (ammazzato). E che dire di Pessotto, ex giocatore della Juve che tentò il suicidio a causa della depressione, a cui è stato dedicato più di un simpatico coro sulla joie de vivre? (”Stasera mi butto, stasera mi butto, mi butto con te. Gianluca Pessotto, Gianluca Pessotto, mi butto con te”). E che dire allora di Kaladze, giocatore georgiano del Milan, a cui è stato rapito e poi ucciso un fratello a cui era legatissimo? (”non c’è più non c’è più il fratello di Kaladze non c’è più“)?
ESEMPI – E ancora. Mero, giocatore del Brescia morto in un incidente stradale (”Uno di Mero, voi siete uno di Mero, uno di Mero, voi siete uno di Mero“). Mayele, giocatore del Chievo, anche lui morto in un incidente, alla guida di una Fiat Barchetta (”Finché la barchetta va, lasciala andare…” e “Che fretta c’era, da Verona a Peschiera, che fretta c’era, lo sa solo Mayele”). E così via. Davanti a queste perle di saggezza in forma di canzonetta i buu a Balotelli fanno quasi tenerezza. Ma ne avevate mai sentito parlare di questi cori? Suppongo di no. Analizziamo ora l’effetto pratico del razzismo istituzionalizzato dei nostri rappresentanti in Parlamento, effetto che si può riassumere con: “gente che non hai mai avuto una possibilità che fosse una lasciata morire male per avere avuto la sventura di nascere nel paese sbagliato”. Irritazione da una parte, morte per annegamento o di inedia dall’altra. Ma il razzismo contro un milionario vale certamente di più del razzismo contro un milione di squattrinati. Balotelli muove soldi, fa vendere magliette, e quindi merita rispetto. Quando anche i clandestini marocchini faranno vendere magliette ne riparleremo. Ci sarebbe poi da chiedersi perché i razzistissimi tifosi siano razzisti esclusivamente o quasi esclusivamente con i giocatori della parte avversa. Perché i tifosi della Juve prendono di mira Balotelli e non Sissoko (juventino) che è nero quanto se non più di Balotelli? Perché non prendono di mira Eto’o, anche lui dell’Inter, anche lui di colore? Perché i buu li fanno o li facevano anche a Totti e Nevded, uno romano di Porta Metronia el’altro con i capelli biondi e gli occhi azzurri? (fonte). Qui bisogna scendere nell’analisi del personaggio. Balotelli pur con tutte le giustificazioni di questo mondo dettate dalla giovane età e dal passato difficile è, per così dire, un giovane un po’ scapestrato. Ho utilizzato un eufemismo a scanso di querele. So bene che si può insultare chicchessia purché non abbia abbastanza soldi per fartela pagare amaramente (e Balotelli ne ha abbastanza per comprarsi Giornalettismo e le prestazioni a vita come colf di tutta la redazione al completo).
STORIA - In Inter-Roma 3-3 sull’ 1-3 per la Roma Mario Balotelli si tuffa platealmente in area (a detta di molti), rimedia il rigore dell’immeritato 2-3 (a detta di molti) e lo segna. Non pago va verso la curva romanista e la zittisce. Quanto bisogna essere “poco ragionevoli” per fare una cosa del genere? Balotelli viene deferito. Il suo stesso allenatore lo lascia più volte in panchina per educarlo a essere una personcina dabbene (non è sufficiente essere nero per non essere una testa di cazzo). Mourinho, di cui tutto si può dire fuorché sia un cretino, ha commentato così i fischi a Balotelli (cito a memoria): Mario deve imparare a convivere con queste cose, perché non possiamo cambiarle. Come allenatore mi devo concentrare su ciò che posso cambiare, ovvero la testa di Balotelli. Il discorso è chiaro, è inutile parlare di ciò che non si può cambiare (”ciò di cui non si può parlare si deve tacere”) a meno di non voler dare semplicemente fiato alle trombe. Ma quindi un giocatore in quanto ricco e antipatico si merita i buu? Il buu non è la pallottola di una P38, non è un membro del Ku Klux Klan che ti cucina a fuoco lento nel pentolone, a rigore non è nemmeno un insulto. Una volta Lilian Thuram, uno dei pochi giocatori con due grammi di cervello, disse che quando lo insultavano allo stadio per il colore della pelle aveva pena per i tifosi, gente che non aveva potuto studiare e farsi un’istruzione ancorché elementare. E allora perché si parla tanto di Balordelli? Forse perché é italiano? Forse perché è “uno di noi”? I nostri negri sono più meritevoli di tutela di quelli altrui? Siamo razzisti nei confronti dei negri degli altri e protezionisti nei confronti dei nostri? C’è forse razzismo nell’antirazzismo? Non ricordo più a quale programma chiesero a un tifoso perché faceva buu. Rispose: perché fa incazzare i giocatori avversari e li deconcentra. Punto. Il razzismo non c’entrava niente, almeno a sentir lui. Non che i tifosi non siano razzisti, la maggior parte degli ultrà sono di destra, di opinabile cultura e vengono dalle fasce più disagiate della popolazione. Volete che date queste condizioni non siano razzisti? (la domanda è retorica). Finché ci sarà degrado sociale e ignoranza ci sarà razzismo sia che la gente faccia buu sia che se lo tenga per sé (il buu mentale). Solo che nel secondo caso il nostro razzismo alla carbonara non sarà esposto al pubblico ludibrio internazionale, come una cesta di panni sporchi in un soggiorno buono. Chi se ne frega del razzismo, purché facciano i razzisti nelle loro catapecchie, e non in mondovisione. C’è un ultimo punto: non cliccate qui. Se l’avete appena fatto avete scoperto cos’è la psicologia inversa. Dire a un branco di teppistelli che non devono fare buu, e ripeterlo ogni domenica che il signore comanda, è il modo migliore per sentire i buu da qui all’eternità, con tutto il codazzo di banalità che si portano appresso. Proviamo invece a dare una medaglia al valore civile a chi fa buu, invitiamo i giocatori di colore a presentarsi in campo con un casco di banane e a fare il ballo della scimmia, e vedrete che di buuu non ne sentiremo più parlare. E che dovremo trovare qualcosa di nuovo per cui indignarci.
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