| PESTAGGI di V.Calderone-L.Manconitutti «Abbiamo rischiato una rivolta perché il negro ha visto tutto. Un detenuto non si massacra in sezione, si massacra sotto...». Queste parole sono ormai note. La voce che le pronuncia appartiene a Giuseppe Luzi, comandante della polizia penitenziaria nel carcere Castrogno di Teramo. Ricostruiamo quella vicenda. Il detenuto in questione, Mario Lombardi, denuncia di essere stato aggredito da un agente mentre, prima di rientrare in cella, voleva farsi offrire un caffè da altri detenuti e di essere stato portato, poi, nei sotterranei dove sarebbe continuato il pestaggio. Prevedibilmente diversa la ricostruzione degli agenti. Lombardi, a un primo controllo, risulta avere una costola fratturata. Frattura che non verrà più riscontrata nei successivi accertamenti. Per l’agente invece c’è un trauma contusivo a spalla e mano. Il “negro” testimone, Uzoma Emeka, nel frattempo è morto di un tumore al cervello mai diagnosticato e in condizioni di grave carenza assistenziale e terapeutica.
Lombardi avrà a breve la prima udienza del processo che lo vede imputato per lesioni e resistenza a pubblico ufficiale aggravate da futili motivi. Altra storia, invece, il procedimento che prende spunto dalla denuncia del detenuto, supportata dalla registrazione delle frasi pronunciate dal comandante. Il sostituto procuratore David Mancini, incaricato delle indagini, ha chiesto pochi giorni fa l’archiviazione del procedimento per i quattro agenti e il loro comandante: ma, allo stesso tempo, ha denunciato – attenzione - il grave clima di omertà esistente nel carcere che ha indotto alla reticenza tanto i detenuti quanto gli agenti.
L’indagine impossibile A ben vedere, questo è il punto cruciale: com’è possibile condurre indagini in piena autonomia e verificare indizi e prove e ascoltare testimoni affidabili in un ambiente dove dominerebbe l’omertà? Ma la cronaca della scorsa settimana ci consegna altre notizie inquietanti. L’associazione A Buon Diritto ha reso pubblico un video, ripreso da una telecamera all’interno della caserma dei carabinieri di via del Campo a Ferrara, in cui alcuni giovani fermati (sempre per resistenza a pubblico ufficiale) vengono sottoposti a pressioni abusi e in qualche caso violenze da appartenenti all’Arma. Le immagini non sembrano lasciare spazio a dubbi: si vedono almeno due ragazzi ammanettati e chiaramente inoffensivi subire colpi. Un carabiniere ha ricevuto un avviso di garanzia e non è escluso che vi siano altri indagati. Un’altra indagine, invece, si è conclusa ed è quella relativa alla morte di Stefano Cucchi. I due Pm hanno depositato gli atti e chiedono si proceda contro tredici persone tra medici, appartenenti all’amministrazione e poliziotti. Per i primi l’accusa non è più di omicidio colposo, bensì di abbandono di incapace: reato più grave e persino più screditante sotto il profilo morale se contestato a medici.
Contro i poliziotti sono state elevate le accuse di lesioni e abuso di autorità. È stato così spezzato il nesso di causa-effetto tra gli atti di violenza subiti da Stefano Cucchi e la sua morte. E questa conclusione, se fosse definitiva, costituirebbe un grave passo indietro. Questi fatti si registrano mentre viene resa pubblica la relazione del Comitato europeo per la prevenzione della tortura relativa alle condizioni degli Ospedali psichiatrici giudiziari in Italia. Dal rapporto emergono fatti sconcertanti: violenze, abusi, uso indiscriminato della contenzione (legare il paziente al letto, serrando polsi e caviglie, 24 ore su 24, a volte per giorni e giorni). Ultimamente, pur tra molte ovvietà e grossolane omissioni, capita di sentir parlare di carcere, spesso attraverso denunce che rivelano un circuito penitenziario che fa acqua da tutte le parti e riproduce all’infinito crimini e criminali, oltre a perpetuare lo stato di illegalità del sistema. Degli Opg, invece, di queste strutture a metà tra luoghi di cura e luoghi di reclusione, non si parla mai. Eppure anche lì (lo documentiamo in queste pagine), come nelle caserme, nelle prigioni, nei centri di identificazione e di espulsione per stranieri, le violenze, i soprusi, le umiliazioni sono all’ordine del giorno. E a volte qualcuno lì trova la morte. E non accade di rado
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